I naviganti hanno sempre sentito la necessità di comunicare con la terra ferma, non solo
per ovvie ragioni di sicurezza, ma anche per ragioni che sono da ricercare in aspetti più
profondi dell’essere umano. Chi si è trovato in mare per lungo tempo sa bene quanto sia
importante ricevere direttamente dalla voce di un congiunto o di un amico informazioni
rassicuranti. Dunque, uno dei problemi che i marinai hanno sempre avuto è proprio quello
di comunicare. Si pensi ai segnali luminosi, a quelli sonori, alle bandiere. Comunicare
per due mezzi in mare può essere fondamentale per scongiurare situazioni di pericolo,
per esempio, se due navi stanno manovrando possono con segnali sonori informare che
intendono accostare a dritta, allora si udirà un colpo di sirena, o a sinistra, i colpi saranno
due, oppure il comandante ha dato ordine di “macchine indietro”, in questo caso i colpi
di sirena saranno tre. Questo per dire che il tema comunicazioni è sempre stato molto
sentito tra i naviganti, sia per scambiare informazioni a breve distanza sia per poter comunicare
a migliaia di chilometri da dove ci si trova a navigare. Sono numerosi gli scienziati
ai quali bisognerebbe dare il merito di aver contribuito concretamente al raggiungimento
dell’oggetto radio, sicuramente Guglielmo Marconi ebbe la capacità di far interagire diverse
discipline scientifiche e tanti dati ed esperimenti suoi e di altri per arrivare alla soluzione
del problema per primo. Gulgielmo Marconi oltre ad essere un fisico di indiscusso
valore era un uomo di mare, dunque, sensibile alle esigenze di chi è destinato ad essere
“sempre lontano”, da casa, dalla terra ferma, da un medico. Già, perché uno dei problemi
dei naviganti è sempre stato quello di poter avere un consiglio medico in tempo reale
per scongiurare situazioni di pericolo, oggi non è un problema e possiamo chiamare il
C.I.R.M. (Centro Internazionale Radio Medico) con il telefono, il VHF, l’HF etc., ma pensate
ai marinai di poco più di un secolo addietro, i quali non avevano alcun modo di comunicare
e magari si trovavano a 20 giorni di mare dal primo porto utile per sbarcare un
malato. Questo per dire che le motivazioni che spingevano Marconi a trovare soluzione al
problema comunicazioni a distanza, trovavano soprattutto linfa nelle esigenze specifiche
del navigante, anche perché reti telegrafiche via filo esistevano già. Proviamo a pensare
cosa significherebbe vivere senza cellulare, senza il VHF di bordo, senza le stazioni radio
costiere, senza le emittenti radio e TV, senza le incalcolabili informazioni che transitano
nell’etere su tutte le frequenze, per non arrivare all’EPIRB, al GPS etc.etc.. Pensate che
poco più di un secolo fa tutto questo era fantascienza, al punto che gli esperimenti di
Marconi furono oggetto delle proteste di alcuni, i quali ritenevano che le onde emesse
dalle grandi antenne utilizzate dal fisico nella provincia romana, erano qualcosa che
avrebbe potuto distruggere l’umanità. Per aiutare a capire di cosa stiamo parlando, nelle
campagne circostanti la postazione sperimentale di Marconi furono trovate delle pecore
carbonizzate e lo scienziato fu additato come responsabile a causa dei suoi esperimenti.
Naturalmente non ci volle molto per dimostrare che la ragione di tale evento era da ricercare
in tutta altra direzione, ma inizialmente le fantomatiche onde elettromagnetiche
spaventavano come sempre spaventa l’ignoto. Vogliamo a questo punto riportare alcune
parole di Guglielmo Marconi, che egli espresse in un intervista che aveva come oggetto i
suoi studi: “Io sostengo che il mio sistema di comunicazione dovrà essere usato anzitutto
e soprattutto sul mare. Il suo impiego sul mare sarà indispensabile”. Come dargli torto?
Oggi abbiamo più o meno tutti familiarità con questo fenomeno fisico, proprio perché
siamo abituati a utilizzarlo sotto forma di telefono, radio, televisore o ricevitore GPS e
quanto altro. A molti sfuggono le ragioni di base per cui un segnale sonoro come la
voce possa essere trasferito a migliaia di chilometri di distanza, dunque, lasciata questa
doverosa premessa sulle ragioni che hanno determinato la ricerca che approdò alla radio,
passiamo ad affrontare la questione da una prospettiva più tecnica, ossia, cercheremo
d’ora in poi di spiegare le questioni alla base delle telecomunicazioni.
CHE COSA SONO LE ONDE ELETTROMAGNETICHE?
Per riuscire a definire correttamente le onde radio dobbiamo necessariamente passare
per la costituzione della materia, la quale è composta da atomi. L’atomo somiglia a un microsistema
planetario, dove il centro è rappresentato dal nucleo attorno al quale orbitano
gli elettroni. Il numero dei componenti del nucleo, ossia i protoni e i neutroni, determina
le caratteristiche dei vari tipi di atomo. Gli elettroni, che come abbiamo detto orbitano
intorno al nucleo, sono soggetti a forze attrattive e repulsive che, equilibrandosi, tengono
insieme l’atomo stesso, inoltre, il nucleo ha una carica positiva e gli elettroni negativa,
dunque tendono ad attrarsi, ma questa forza è compensata da altre forze repulsive che
mantengono il sistema atomo in equilibrio. In determinate condizioni alcuni elettroni si
distaccano dal proprio atomo, dunque interviene una causa che rompe l’equilibrio di cui
abbiamo appena accennato, creando elettricità statica nei corpi, ma se in questi corpi gli
elettroni possono transitare spostandosi più o meno liberamente allora possiamo definire
tali corpi conduttori. Ora, evitando di scendere troppo nello specifico, consideriamo che
se il moto degli elettroni è variabile, per esempio alternato, avremo un campo magnetico
che varia con la medesima alternanza e che a sua volta darà origine a un “campo elettrico”,
che si propagherà in tutte le direzioni alla velocità della luce, ossia a 300.000 km/s,
valore che d’ora in poi indicheremo con C. Campo magnetico e campo elettrico hanno
sempre giacitura ortogonale tra loro, vale a dire che sono sempre perpendicolari tra loro.
Questo genere di propagazioni elettromagnetiche prendono il nome di onde radio.
Come abbiamo detto si tratta di onde, dunque, come quelle del mare hanno una cresta
che rappresenta il punto più alto e un cavo che rappresenta il punto più basso, la loro
distanza sulle verticali rappresenta l’ampiezza e da un punto all’altro si manifesta un ciclo.
Il numero di cicli che si manifestano in un secondo rappresenta il dato della frequenza,
mentre la distanza tra due punti di uguale valore la lunghezza d’onda. Detto questo è
necessario esprimere le unità di misura della frequenza e della lunghezza d’onda, per la
prima utilizzeremo l’Hertz, convenzionalmente indicato con Hz, dove 1.000 (103) hertz
sono indicati con kHz, 1.000 kHz con MHz e 1.000 MHz con GHz, per la seconda il metro. A
questo punto vale la pena sottolineare che il prodotto tra frequenza e lunghezza d’onda è
sempre uguale a C, ossia alla velocità della luce. Per offrire un esempio concreto, se abbiamo
una frequenza di 150 MHz, ossia di 150.000.000 Hz, basterà dividere C (300.000 km/s
o meglio 300.000.000 m/s) per f (150.000.000 Hz) e avremo 2, ossia, la nostra lunghezza
d’onda è di due metri. Da tenere presente che essendo la velocità espressa in km/s, è
comodo utilizzare la frequenza in KHz per avere il risultato in m. Spiegare questa cosa è
fondamentale per far comprendere buona parte dei ragionamenti che seguono, senza
aver compreso quale rapporto esiste tra la lunghezza d’onda e la frequenza non si può
comprendere il funzionamento di un’antenna, in quanto la sua dimensione fisica dipende
proprio dalla lunghezza d’onda.
LE BANDE DI FREQUENZA:
Il campo delle frequenze utilizzabili si chiama spettro e queste prendono il nome di
frequenze audio, radio, radar etc. in funzione dell’impiego che ne viene fatto. Lo spettro
per convenzione è suddiviso in bande, come esposto di seguito:
I FENOMENI DELLE ONDE RADIO
LA POLARIZZAZIONE
Come abbiamo già avuto modo di accennare, nelle onde radio il campo elettrico e quello
magnetico sono sempre ortogonali tra loro, in particolare la direzione della corrente e
il campo elettrico sono sempre coincidenti, questo nel tipo di antenne che ci interessa
analizzare più di altre, ossia il dipolo. Il campo elettrico determina la polarizzazione dell’onda
campo elettrico in verticale o orizzontale un’onda con campo elettrico orizzontale. Tanto
per fare degli esempi concreti, le onde elettromagnetiche del nostro VHF di bordo sono
a polarizzazione verticale, ma quelle del radar per esempio, sono a polarizzazione orizzontale.
Naturalmente perché due stazioni possano comunicare efficacemente su una
stessa frequenza, devono usare la medesima polarizzazione, oltre che la stessa modalità
di trasmissione.
LA RIFLESSIONE
Propagandosi nell’etere le onde radio sono riflesse come le onde luminose e in maniera
più o meno elevata in funzione delle condizioni ambientali. Tutte le frequenze subiscono
la riflessione dalla superficie terrestre o dal mare, e la loro intensità dipende dall’anglo di
incidenza con le superfici, dalla polarizzazione, dalla frequenza, dalla conformazione della
superficie riflettente dunque, dalla qualità dei materiali di cui è composta. Le frequenze
più basse sono quelle che per loro natura hanno minori capacità di riflessione. Da osservare
che nelle riflessioni possiamo avere come fenomeno il cambiamento di fase di 180°,
circostanza che può generare interferenze e disturbi in ricezione a causa delle differenze
di fase tra segnale diretto e segnale riflesso, in pratica quando avviene questa circostanza
una stazione disturba se stessa.
LA RIFRAZIONE
Altro importante fenomeno delle onde radio è la rifrazione, ossia, l’effetto che un raggio
energetico subisce quando passa da un ambiente a un altro aventi differenti densità, in
particolare quando quello di provenienza ha una densità superiore, il raggio modifica la
sua direzione. Questo fenomeno interessa tutte le frequenze, ma quelle sotto i 30 MHz ne
sono soggette in forma molto modesta.
LA DIFFRAZIONE
La diffrazione è l’effetto che subisce un’onda radio quando incontra un ostacolo. Il risultato
è la creazione di una zona d’ombra nella direzione della propagazione e l’irradiazione
nell’ostacolo stesso e oltre l’ostacolo ma con una variazione sul campo di irradiazione.
Tutto questo è tanto più evidente quanto più bassa è la frequenza di lavoro.
ASSORBIMENTO
L’intensità del campo elettromagnetico irradiato è inversamente proporzionale alla distanza
della sorgente. La riduzione di intensità derivante dalla distanza si definisce attenuazione
dell’onda elettromagnetica.
L’assorbimento di energia è direttamente proporzionale al valore di frequenza e dipende
anche dal mezzo attraversato, che sia mare o terra o atmosfera. Il problema dell’assorbimento
è preso in particolare considerazione per frequenze come le SHF, ossia quelle impiegate
comunemente dai radar, in quanto con tali ridotte lunghezze d’onda l’attenuazione è interessata
anche al fenomeno dello scattering, ossia la riflessione delle molecole dell’aria e
delle meteore, ossia vapore acqueo, pioggia etc..
PROPAGAZIONE
Il termine propagazione definisce il modo con cui avviene il moto delle onde radio nello
strato che avvolge la terra avente uno spessore di 400 km e questa può essere:
- in prossimità della superficie terrestre,
- nello spazio sovrastante,
dunque, le onde elettromagnetiche irradiate da un antenna si distinguono in:
- onde terrestri,
- onde di spazio, a loro volta suddivise in:
- onde dirette,
- onde riflesse,
- onde di superficie.
Cominciamo proprio da quest’ultima, ossia l’onda di superficie, la quale si ottiene quando
le onde elettromagnetiche irradiate seguono la superficie terrestre che ne rappresenta
il conduttore. Tale propagazione soffre di una notevole attenuazione che si rivela molto
più elevata sulla terra di quanto non sia sul mare. L’onda di superficie è sfruttata in modo
particolare con l’impiego di frequenza quali le VLF e le LF, dunque frequenze molto basse
e solitamente utilizzate da navi che operano a grande distanza dalla costa o da sommergibili,
in quanto una delle loro caratteristiche è la capacità di propagarsi abbastanza
efficacemente anche in acqua.
L’onda di spazio si ottiene quando le onde elettromagnetiche irradiate nello spazio sovrastante
l’elemento radiante, incontrano gli strati ionosferici con angoli tali da incurvare
le traiettorie (fenomeno della rifrazione), in modo di farle ritornare sulla superficie terrestre
a una distanza superiore a quella della massima distanza raggiungibile con l’onda
di superficie. In questo caso si crea inevitabilmente una zona di silenzio, ossia una zona
non raggiunta da onde elettromagnetiche, quest’area è denominata shadow zone, mentre
la distanza tra il punto di partenza dell’onda elettromagnetica e il punto di ritorno
sulla superficie è denominato skip distance. Interessante notare che le onde LF, MF e
HF si propagano sia per onde superficiali sia per onde di spazio, ma con effetti e risultati
molto diversi. Le LF per esempio, subiscono la separazione tra propagazione di superficie
e propagazione di spazio intorno ai 1.500 km, mentre le MF, molto sensibili al tipo
di antenna utilizzato, hanno distanze di propagazione maggiori a seconda delle ore del
giorno. Questo si deve al fatto che in funzione dell’orario varia l’altezza degli strati iono16
sferici e dunque l’effetto della rifrazione, fenomeno che può produrre in questo caso il
fading, ossia, l’effetto per cui le onde che seguono percorsi differenti, uno di superficie e
uno di spazio, raggiungono l’antenna ricevente con fasi opposte e si annullano. Infine, le
onde HF si propagano principalmente per onda di spazio, anche se, durante le ore diurne
si osserva anche la loro propagazione per onda di superficie. Se un’onda radio venisse
propagata nel vuoto, questa seguirebbe un percorso rettilineo, in quanto in questo caso
sarebbe esente dai fenomeni di assorbimento, rifrazione, riflessione e rumore, ossia l’interferenza
dovuta a cause ambientali come fulmini, scintillio di motori o altri fenomeni
che generano campi elettromagnetici ad andamento caotico, raccolti dalla nostra onda
radio e propagati con essa.
IL GUADAGNO
Il Guadagno è uno dei parametri fondamentali di un’antenna ed è in grado di offrire attraverso
un numero che ne esprime il valore in dB, un’idea chiara sulle capacità di trasmissione
e ricezione di un elemento radiante. Come riferimento si utilizza la così detta antenna
isotropa, la quale irradia in tutte le direzioni onde elettromagnetiche di pari intensità e
che convenzionalmente si ritiene avere un valore di guadagno pari a 1 dB. Per comprendere
il concetto di antenna isotropa, si immagini una sfera che irradia da ogni punto della
sua superficie. In pratica questo genere di antenna non esiste, è un’astrazione utilizzata
come riferimento, ma nella realtà tutte le antenne sono anisotrope, dunque, presentano
delle direzioni di irradiamento preferenziali nelle quali ottengono il massimo del risultato.
Esistono delle antenne fortemente direttive, le quali convogliano il fascio irradiato in una
direzione specifica di ampiezza variabile e dipendente dalla forma fisica dell’elemento
radiante, le quali possono per questo avere valori di guadagno molto elevati. Dunque,
il valore del guadagno indicato come detto con un numero che esprime il valore di db,
indica l’intensità irradiata nella direzione privilegiata dell’antenna che stiamo analizzando,
tenendo presente che il riferimento è quello dell’antenna isotropa alimentata con la
medesima potenza. In pratica, se alimento una antenna isotropa con 1 Watt di potenza a
una data frequenza ottengo un guadagno sulla teorica trasmissione sferica di 1 db, ma se
lo stesso Watt lo impiego su un elemento radiante direttivo con un guadagno di 14 db,
per esempio, il 14 ci indica che nella direzione interessata dal fascio di onde radio avremo
un rendimento superiore a quello che avrei in uno qualsiasi dei punti di irradiazione della
nostra antenna isotropa. Per calcolare il rapporto di rendimento esiste una formula che
omettiamo per non complicare ulteriormente le cose, ma si tenga presente che il valore
di riferimento è quello dell’antenna isotropa. Non è difficile intuire che il riferimento ci
offre immediatamente un’idea chiara circa le caratteristiche di un’antenna. Per ottenere
valori di guadagno superiori è necessario enfatizzare le capacità di ricevere e trasmettere
di un’antenna in specifiche direzioni, dunque, più un’antenna è direttiva a parità di dimensioni
dell’elemento radiante, maggiore sarà il suo guadagno e minore sarà l’ampiezza
del lobo di trasmissione. In pratica, se si riesce a convogliare il fascio di onde elettromagnetiche
in una direzione a scapito di tutte le altre, si otterrà un guadagno più elevato. A
questo punto una precisazione è doverosa, alcuni costruttori di antenne, dichiarano valori
di guadagno spesso ottenuti con tecniche di calcolo diverse da quelle che vi abbiamo
appena indicato, affidandosi alla non conoscenza di questi fattori da parte del pubblico.
Per avere un riferimento preciso, si deve sempre richiedere il guadagno espresso in dB in
relazione alla nostra teorica antenna isotropa.
Naturalmente il fattore del guadagno dipende anche da altre caratteristiche proprie dell’antenna,
come la sua conformazione fisica. Per offrire un esempio concreto e a tutti
noto, le antenne per la ricezione dei segnali TV presenti sui tetti delle nostre case sono
di tipo direttivo, dunque, esprimono il massimo del loro rendimento in una direzione
specifica, il che le rende ad alto guadagno ma ci costringe a puntarle in direzione della
stazione trasmittente.
Tutto questo ragionamento vale anche per le antenne omnidirezionali, proprio perché è
sacrificata la trasmissione sul piano verticale, ossia verso l’alto e verso il basso.
Ottenere valori di guadagno elevati con questo tipo di antenne dipende da altri fattori
oltre che dalla sua forma fisica. Innanzi tutto le dimensioni, in relazione alla frequenza
sulla quale la nostra antenna è chiamata ad operare.
La lunghezza fisica dell’elemento radiante è dipendente dalla lunghezza d‘onda della frequenza
sulla quale perare.
Per far comprendere bene questo ragionamento dobbiamo necessariamente fare un passo
indietro e ricordare che i valori di C, la velocità della luce pari a 300.000 km/s, di f, la frequenza
che si esprime in Hz e per comodità in KHz ci permettono di ricavare la lunghezza
d’onda mediante una semplice divisione.
Riprendiamo allora l’esempio riportato in precedenza per una frequenza di 150 MHz, ossia
150.000 KHz, che ha una lunghezza d’onda pari a due metri. Teniamo a mente questo
ragionamento e ricordiamoci che la nostra lunghezza d’onda è pari a due metri.
Ora cercheremo di spiegare semplicemente cosa è realmente un’antenna.
Abbiamo detto in precedenza che un segnale elettrico sottoposto a variazioni di campo,
in questo caso determinate dalla frequenza, determina una variazione del campo magnetico
e viceversa, dando così origine all’onda elettromagnetica, costituita da anelli di
campo elettrico alternati ad anelli di campo magnetico ad essi perpendicolari.